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Vittoria in appello contro Green Hill. Salvi i Beagle

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È condanna anche in appello per Green Hill: “soppressioni facili dei Beagle, maltrattamenti sistematici e lacune nei controlli inchiodano il veterinario, il direttore e il co-gestore di Green Hill alle loro responsabilità penali”. Green Hill resta chiusa e i 3 mila Beagle affidati rimarranno nelle loro famiglie.

Confermate le condanne di primo grado

È quanto si legge nel comunicato stampa della Lav che continua: “La Corte d’Appello ha confermato le condanne di primo grado nei confronti del veterinario Renzo Graziosi e del co-gestore di ‘Green Hill 2001’ Ghislane Rondot, entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi, e del direttore dell’allevamento, Roberto Bravi, a un anno più risarcimento delle spese. Confermata anche la sospensione dalle attività per due anni, per i condannati, e la confisca dei cani”. Una sentenza storica senza precedenti che, secondo l’associazione, “smantella l’inaccettabile teorema del cane ‘prodotto da laboratorio’ e per questo ‘usa e getta’”.

“Ogni singolo punto del capo di imputazione a Green Hill è stato provato”

Il PM, Ambrogio Cassiani, ha respinto tutte le obiezioni degli avvocati di Green Hill. “Ogni singolo punto del capo di imputazione a Green Hill è stato provato”, ha dichiarato il PM, che, citando la sentenza 5979/2012 della Cassazione secondo cui “maltrattamento è privare i cani dei pattern comportamentali“, ha evidenziato come a Green Hill, come accertato durante il Processo di 1° grado, “l’etologia dei cani non veniva rispettata, ad esempio non venivano fatti sgambare”, mentre “i controlli” all’interno dello stabilimento di Montichiari “erano sommari”. Cassiani ha ricordato inoltre, tra le prove dei maltrattamenti, i comportamenti stereotipati dei cani e l’ingestione di segatura. Il PM ha proseguito sottolineando come la “strategia aziendale” di Green Hill, prevedesse di “sopprimere i cani con problemi di rogna” nonostante la rogna non sia una “malattia incurabile tale da richiedere la soppressione dei cani”. Evidente, quindi, che “le patologie dei beagle a Green Hill non venivano curate perché non avevano interesse a farlo“. Ma la faccenda non finisce qui. Il 9 marzo ci sarà un altro processo, quello a carico dei cinque imputati, tra dipendenti  e veterinari Asl, accusati di lacune nei controlli.

Le tappe della battaglia

  • Per anni cittadini, comitati, coordinamenti manifestano a Montichiari (Brescia) e in altre città per fermare Green Hill
  • 28 aprile 2012: alcuni manifestanti entrano nell’allevamento Green Hill.
  • 18 luglio 2012: in seguito a una denuncia della LAV, i beagle di Green Hill vengono posti sotto sequestro e la LAV è tra i custodi legali dei cani.
  • Circa 3000 i beagle tratti in salvo.
  • Decreto Legislativo 26/2014: l’Italia vieta per legge l’allevamento di cani a fini sperimentali. In Italia Green Hill non potrà riaprire, in nessun caso.
  • 23 gennaio 2015: tre le condanne di primo grado inflitte dal Tribunale di Brescia Green Hill (veterinario, co-gestore e direttore).

La Lav scende in piazza

A sostegno dei test senza uso di animali, per i Beagle e per le decine di migliaia di altri animali ancora oggi destinati ai laboratori, la Lav, a partire da sabato 5 e domenica 6 marzo, sarà presente in centinaia di piazze con la campagna “Aiutali a uscirne” e una petizione nazionale rivolta al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per mettere fine all’uso di animali nella ricerca sulle sostanze d’abuso come tabacco, alcol e droghe. Per conoscere la piazza più vicina dove poter firmare la petizione, consulta la paginaLa Lav in piazza” sul sito www.lav.it.

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