Dal 28 aprile, inspiegabilmente e senza alcuna motivazione, l’associazione Aratea, gestore del canile comunale di Reggio Calabria, chiude le porte della struttura e non permette l’accesso ai cittadini e alle associazioni di volontariato.
La vicenda
Ma ripercorriamo le ultime vicende riguardanti la struttura comunale di Mortara. Abbandonata a se stessa nonostante un bando l’avesse assegnata all’associazione Aratea, due anni fa è stata occupata dall’associazione onlus Dacci una Zampa e rimessa in piedi diventando, a spese dell’associazione stessa, un canile funzionante a tutti gli effetti. I randagi della città hanno finalmente trovato un luogo di accoglienza e di passaggio. Tante le adozioni fatte, tanti i cani curati e rimessi in salute, tanti ancora quelli che aspettano. Circa un mese fa, il 6 aprile, dopo una battaglia legale, la gestione è passata nelle mani di Aratea. Il comune ha intimato a Dacci una Zampa di lasciare la struttura e ha concesso, pagando una diaria (0,68 cent a cane), che i cani dell’associazione rimanessero lì fin quando non si fosse trovato un altro luogo in cui spostarli. E così è stato. I volontari di Dacci una Zampa, nonostante il pagamento della diaria, hanno accudito i loro cani quotidianamente, pulendo i box e somministrando il cibo. Alcuni di questi sono, inoltre, non autosufficienti e hanno bisogno di cure specifiche e ad orario. Tutto questo fino al 28 aprile scorso, quando Aratea ha deciso di chiudere i cancelli della struttura, non solo ai volontari dell’altra associazione, ma anche ai cittadini che si sono recati nell’orario di visita. Le forze dell’ordine sono state chiamate più di una volta per ottenere l’accesso al canile e, scortati, i volontari sono riusciti a entrare, ma non hanno potuto svolgere la loro quotidiana attività con i cani.
Dacci una Zampa denuncia
E così, dopo giorni e giorni di richieste e appelli, oggi l’associazione Dacci una Zampa denuncia: “È possibile che in questa città per usufruire di un servizio pubblico sia necessario chiedere permesso? È normale che la concessione di un bene pubblico si trasformi in usufrutto privatistico e arbitrario? Si tratta di una situazione paradossale, che richiama alla memoria le troppe occasioni in cui un bene pubblico è diventato appannaggio o privilegio di pochi, e oggi ci obbliga a chiedere al sindaco e all’amministrazione comunale quali provvedimenti siano intenzionati ad adottare. La responsabile della struttura ha interdetto l’accesso a chicchessia, senza comunicarne la ragione e senza alcuna disposizione dell’amministrazione comunale e delle autorità competenti che la autorizzasse a farlo. Fuori dai cancelli siamo rimasti non solo noi proprietari dei cani ospitati in regime di pensione, ma anche i volontari di diverse associazioni animaliste, che per legge hanno potere ispettivo su tutti i canili pubblici e privati. In più, è stato interdetto l’accesso alla struttura anche a semplici cittadini e potenziali adottanti. Quella di Aratea è una pratica insensata e preoccupante, che rischia di mettere in discussione la vita e il futuro dei cani lì ospitati, ma rappresenta una grave lesione anche dei diritti dei più ad usufruire di un bene pubblico”.
Aratea sotto accusa
Diverse le persone, volontari e cittadini, che hanno presentato formale querela nei confronti della responsabile dell’associazione Aratea, Irene Putortì, e di coloro che hanno permesso che ciò avvenisse, omettendo di effettuare i dovuti controlli sull’operato della stessa. “Siamo di fronte ad una vera e propria aberrazione”, continua Dacci una Zampa. “Cittadini e volontari sono costretti a impegnare le forze dell’ordine per vedersi riconosciuto l’elementare diritto di usufruire di un bene e di un servizio pubblico. D’altra parte se come cittadini non possiamo che essere sconcertati e indignati, se come volontari animalisti non possiamo che essere furiosi per la mutilazione delle facoltà ispettive che ci sono proprie in qualsiasi canile d’Italia, come proprietari di cani non possiamo che essere disperati e preoccupati per la sorte dei nostri cani. Da quasi una settimana non siamo in condizioni di controllare personalmente i nostri cani, inclusi gli esemplari che presentano difficoltà neurologiche importanti e per questo necessitano di cure regolari e specifiche. Allo stesso modo, non ci è possibile sottoporre i nostri cani alle periodiche visite di controllo veterinario e ai regolari trattamenti antiparassitari, non siamo in grado di controllare che i cani ricevano specifica e adeguata alimentazione, tanto meno acqua a sufficienza, non possiamo offrire a quei cani nemmeno quei preziosi minuti di libertà in cui correvano felici fuori dai box. E non possiamo che chiederci per quale motivo, esclusivamente privatistico in assenza di un provvedimento da parte degli enti preposti, ci è impedito tutto questo”.
“Chiediamo all’amministrazione comunale di interrompere l’inerte silenzio che sta mantenendo riguardo questa sconcertante situazione e alla città di sostenerci in una battaglia che non è meramente animalista, ma ha a che fare con il diritto di tutti di usufruire di un servizio pubblico, garantito da tasse e tributi che tutti paghiamo”.
NO COMMENT