Continua la vicenda del macello Italcarni di Gheda, in provincia di Brescia, e degli orrori consumati al suo interno, venuti alla luce grazie a una video-inchiesta della giornalista Giulia Innocenzi andata in onda a “Servizio pubblico” lo scorso novembre.
Italcarni sotto sequestro
Oggi il macello degli orrori è stato posto sotto sequestro e il Pm Cassiani ha chiesto il rinvio a giudizio per tre dipendenti e due veterinari dell’Asl, di cui uno è il dottor Mario Pavesi che, in una telefonata alla collega Vergerio, le ordina di allentare i controlli sull’Italcarni “altrimenti passerà dei guai”. Il proprietario del macello, Federico Osio, ha invece chiesto il patteggiamento: era a conoscenza dei sistematici maltrattamenti sugli animali, ma non sapeva che questi costituissero un pericolo per la salute pubblica.
Carne infetta e già venduta
La carne di Italcarni, infatti, è risultata avere una carica batterica 50 volte più alta del limite consentito dalla legge, nonché due casi di contaminazione da salmonella Livingstone e Agama, che possono portare alla morte. Il macello macellava anche animali già morti, che per legge andrebbero smaltiti come rifiuti speciali. I capi d’accusa sono adulterazione e commercio di sostanze alimentari e nocive, frode nell’esercizio del commercio, maltrattamento di animali, gestione di rifiuti non autorizzata. Il macello stesso apponeva il bollo sanitario che certificava la genuinità del prodotto, pratica illegale.
I video dei maltrattamenti
I video girati dalle telecamere poste dalla procura di Brescia, dopo la segnalazione avvenuta, mostrano i dipendenti e il proprietario Osio che spostano le mucche a terra, ormai non deambulanti, aiutandosi con un muletto o con una catena attaccata a una zampa che le trascina fino alla linea di macellazione. Le mucche a terra sono mucche da latte che dopo 4-5 anni di allevamento intensivo diventano improduttive e la maggior parte non riesce più a sostenersi sulle zampe a causa degli incalzanti ritmi produttivi che le riducono così. La legge dice che gli animali non deambulanti vanno macellati in allevamento o, se caricati sul camion, sul mezzo stesso, per non arrecare sofferenze all’animale, oppure trasportati con speciali lettighe. Nulla di tutto ciò succedeva, invece, a Iltalcarni dove gli animali venivano trascinati spesso feriti, lasciando scie di sangue, feci e urine sulle quali passavano altri animali. Non si tratta, quindi, solo di maltrattamento, ma anche di problemi di pubblica sanità, poiché le carni così facendo erano facilmente contaminate, come è stato poi verificato. Pare anche che una partita di carne infetta sia stata anche messa in commercio e venduta.
“Le mucche vivono nella merda”
Lascia senza parole e si commenta da solo l’intervento del Sindaco di Ghedi, Lorenzo Borzi, cognato di Osio, che considera maltrattamento un animale trattato come un essere umano piuttosto che quelle mucche e che afferma in maniera alquanto colorita che “le vacche vivono già nella merda” e che non soffrono se trattate come animali, “soffrirebbero di più se venissero tolte dal loro habitat”.
Petizione online: inchiesta sui macelli
Ma quanti macelli come l’Italcarni esistono in Italia? Quanti casi del genere verrebbero alla luce se si aprisse un’inchiesta sui maltrattamenti nei mattatoi? È quanto chiede la Lav al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ed è quanto chiesto anche nella petizione lanciata dalla stessa giornalista Innocenzi, perché maltrattamenti del genere non si verifichino più e perché la sicurezza di ciò che mangiamo sia al primo posto.
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