Era stremato e il 22 aprile scorso un attacco cardiaco l’ha stroncato. Aveva 40 anni, era un esemplare femmina e per tutta la sua vita ha trasportato turisti sul suo dorso, ma venerdì non ce l’ha fatta. Aveva percorso 2 chilometri circa, 45 minuti di cammino ininterrotto a una temperatura di 40 gradi sotto il sole cocente, stava trasportando due turisti verso l’Angkor Wat, il principale tempio del celebre sito archeologico cambogiano. È letteralmente morto di fatica, come ha confermato il veterinario che l’ha visitato. Elephant Asia Rescue and Survival Foundation (Ears) ha dichiarato che “per raggiungere il Tempio di Angkor Wat bisogna superare diverse colline ripide. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se gli elefanti, sottoposti a consistenti sforzi fisici, fatti in condizioni ambientali estreme, muoiono”.
La petizione
Le sue foto hanno già fatto il giro del web ed è partita una petizione perché venga al più presto abolita questa assurda usanza di utilizzare gli elefanti per trasportare i turisti: “Non esistono gite in elefante senza crudeltà”, dice la petizione. “I turisti possono pensare che cavalcare un elefante non sia una cosa negativa perché la crudeltà verso questi animali non è visibile. Ma quello che non capiscono è che per questi animali la loro scelta di una ‘giornata diversa’ significa una vita di miseria”. “Occorre una regolamentazione più rigida per il lavoro degli elefanti”, ha dichiarato Jack Highwood, che gestisce il Valley Project Elephant, una sorta di santuario protetto per gli elefanti della Cambogia.
Maltrattamenti e sofferenze
Gli elefanti vengono addestrati fin da piccolo e i metodi di addestramento sono spesso violenti. Strappati alle loro madri, vengono incatenati e picchiati fin quando perdono qualsiasi volontà di agire e sono pronti a eseguire ogni comando venga loro imposto. Sono costretti poi a lavorare per tutta la loro vita trasportando i turisti e percorrendo chilometri e chilometri a qualsiasi temperatura, senza alcuna possibilità di fermarsi per riposarsi o raffreddare il loro corpo. L’unica cosa che possiamo fare per evitare che questo sfruttamento continui e non contribuirvi. Non usufruiamo di questi servizi perché dietro si celano sofferenza e maltrattamenti per queste meravigliose creature che dovrebbero solamente vivere la loro vita naturalmente nel loro habitat.
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