È entrata in vigore il 2 febbraio la modifica dell’art. 514 del codice di procedura civile che autorizzava il pignoramento degli animali da compagnia. Equiparati a un bene immobile, di fronte a proprietari insolventi gli animali potevano essere pignorati e andare all’asta. Ora, invece, la riforma parla chiaro: “assolutamente impignorabili gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali” e “gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli”.
Cosa si intende per animale da compagnia?
Resta solo da definire cosa si intenda per animali da compagnia o d’affezione. Il Regolamento CE n. 576/’13 li divide in due gruppi, uno costituito da cani, gatti e furetti, l’altro da invertebrati (esclusi bombi, api, molluschi e crostacei), animali acquatici ornamentali, uccelli (esemplari di specie avicole diverse da quelle di cui all’art. 2, Direttiva 2009/158/CE) e roditori e conigli (diversi da quelli destinati alla produzione alimentare). Più elastico l’accordo siglato il 6 febbraio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy, secondo il quale è animale da compagnia “ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall’uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità. Gli animali selvatici non sono considerati animali da compagnia”.
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